Avv. Francesca Guerriero – Lemme Avvocati Associati

Il caso. All’esito di un recente giudizio per corruzione nei confronti di un funzionario comunale, la Corte di Appello di Roma pronunciava sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato e disponeva, in virtù delle risultanze probatorie acquisite (ai sensi dell’ art. 322 ter, comma I, c.p.), la confisca, sul conto corrente dell’imputato, di una somma di denaro corrispondente, nel suo ammontare, alla “tangente” percepita in funzione dell’accordo corruttivo.

Contro tale decisione proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo – in breve e per quel che interessa ai fini della presente trattazione – come il dettato normativo e giurisprudenziale consentisse l’applicazione della misura ablativa della confisca solo in caso di pronuncia di condanna o di patteggiamento.

La decisione delle Sezioni Unite Penali. Data la complessità della – discussa – questione sollevata dalla difesa, il ricorso veniva rimesso alle Sezioni Unite, che, nel confermare – con sentenza n. 31617/2015 – la decisione emessa dalla Corte di Appello di Roma, giungevano, in linea con i più recenti insegnamenti della Corte Costituzionale (sentenza n. 85/2008) e della Corte Europea dei diritti dell’uomo (sentenza n. 49/20015), a fissare le condizioni necessarie e, tra loro, cumulative per la legittima applicazione della confisca, nonostante la conclusione del processo con declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Nel dettaglio, gli indefettibili presupposti individuati dalle Sezioni Unite Penali consistono nella natura preventiva e non punitiva della confisca; nell’accertamento in contraddittorio pieno iuredel fatto di reato; nella forma diretta e non per equivalente della confisca.

Preliminarmente all’analisi delle motivazioni addotte in sentenza dalla Corte a Sezioni Unite, sembra dirimente puntualizzare come alcune delle predette condizioni (nello specifico, l’opportunità del carattere preventivo della confisca e dell’accertamento probatorio della consumazione del reato) siano di carattere generale, ovvero, rappresentino degli imprescindibili presupposti per l’applicazione, in caso di prescrizione del reato, non solo, della particolare confisca (art. 322 ter codice penale) prevista in riferimento a vari reati contro la Pubblica Amministrazione (delitti di cui agli articoli 314 – 320 codice penale), ma di ogni altra ipotesi di confisca, disciplinata sia dal codice sostanziale, sia dalle leggi speciali.

Passando ora ad approfondire le condizioni necessarie sopra enunciate, si rileva che, innanzitutto, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione stabiliscono come, nel pronunciare sentenza di proscioglimento, il Giudice possa ugualmente disporre la confisca solamente se l’espropriazione ad opera dello Stato abbia ad oggetto beni strettamente collegati all’esecuzione del reato di cui all’imputazione (funzione preventiva della confisca).

La Corte attribuisce all’interprete il compito di verificare l’oggetto e, quindi, la natura della confisca (preventiva o punitiva) attraverso la compiuta analisi della disciplina speciale che la prevede.

Per quanto attiene, in particolare, alla disciplina della confisca prevista per vari reati contro la Pubblica Amministrazione, secondo il dettato dell’art. 322 ter codice penale, in caso di condanna o di patteggiamento, il Giudice deve disporre il provvedimento ablativo su quei beni che costituiscono il prezzo (l’insieme delle utilità date o promesse per indurre l’agente a compiere la fattispecie illecita) o il profitto (vantaggio, economicamente valutabile, che il soggetto agente percepisce dall’esecuzione della condotta criminosa) dei fatti illecitamente commessi.

Dunque, nell’analizzare la suddetta disciplina, le Sezioni Unite escludono il carattere punitivo della confisca del prezzo o del profitto del reato, poiché, in breve, attraverso tale tipologia di misura ablativa, il patrimonio dell’imputato viene intaccato esclusivamente nel – comprovato e ancora sussistente – vantaggio economico direttamente desunto dal fatto illecito e, perciò, ad esso intrinsecamente connesso.

Al provvedimento di ablazione così descritto non può che attribuirsi natura riparatoria, dal momento che l’acquisizione all’erario riguarda una res che non è mai entrata – legalmente – a far parte del patrimonio del reo e che, per la specifica illiceità della causa da cui origina, assume – anche –  i connotati della pericolosità sociale.

Sulla scorta di tale assunto, le Sezioni Unite elaborano la seconda condizione necessaria affinché il Giudice possa disporre la confisca, nonostante il proscioglimento per prescrizione, vale a dire l’accertamento in contraddittorio del fatto di reato e della sua ascrivibilità all’imputato.

Invero, se si esclude il carattere di sanzione penale alla confisca del prezzo o del profitto del reato, va da sé come la sua applicazione non presupponga un giudicato formale di condanna e che, quindi, possa essere disposta anche con il proscioglimento dell’imputato.

Tuttavia, precisano le Sezioni Unite, l’intervento della prescrizione legittima la misura della confisca, solo se successivo ad una formale sentenza di condanna, che – seppure non ancora irrevocabile – sia stata pronunciata all’esito di un precedente grado di giudizio, ovvero, di un accertamento, compiuto pieno iure dal Giudice del merito, che dimostri – “al di là di ogni ragionevole dubbio” –  l’effettiva percezione, da parte dell’imputato, del prezzo o del profitto sceleris.

In altre parole, in seguito ad una sentenza di condanna non passata in giudicato (pronunciata in primo o in secondo grado), il Giudice (dell’appello o della cassazione) che rilevi la sopravvenuta prescrizione del reato, nel dichiarare il proscioglimento dell’imputato, potrà disporre la misura ablativa della confisca solo nel caso in cui resti pienamente confermata – e motivata – la responsabilità dell’imputato per il reato ascrittogli.

Ora, chiarito tale fondamentale presupposto, s’impone una precisazione, che – a ben vedere – rappresenta il terzo requisito, individuato dalla sentenza delle Sezioni Unite che ci occupa, e che – a differenza delle indispensabili condizioni sino ad ora esaminate – attiene esclusivamente alla legittimazione, in caso di proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione, della confisca (art. 322 ter codice penale) in tema di reati contro la Pubblica Amministrazione (artt. 314 – 320 codice penale).

In particolare, la Corte sancisce l’ammissibilità – in caso d’intervenuta prescrizione del reato – della confisca del prezzo o del profitto sceleris, se tassativamente attuata in forma diretta e non per equivalente.

Per comprendere i termini di tale affermazione, occorre fare un ultimo preliminare riferimento al testo dell’art. 322 ter c.p., così come novellato dalla cd. Legge anticorruzione (L. 190/2012).

Invero, per confisca diretta (art. 322 ter, comma I, c.p.) il legislatore intende l’aggressione al bene, che – ancora nella disponibilità dell’imputato – coincide perfettamente con il vantaggio economico (prezzo o profitto) conseguito in via immediata dalla commissione del delitto.

La confisca per equivalente (art. 322 ter, comma II, c.p.), invece, viene disposta nel caso in cui non sia ormai possibile procedere alla diretta espropriazione del bene costituente il prezzo o il profitto del reato, di tal ché il provvedimento ablativo si estende ad altri beni, facenti parte del patrimonio dell’imputato e il cui valore sia proporzionale al vantaggio economico percepito.

Ebbene, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in conformità con il costante orientamento giurisprudenziale, attribuiscono alla confisca per equivalente carattere punitivo o afflittivo, atteso che, da un lato, essa ha ad oggetto uno o più beni che non presentano alcun elemento di pertinenzialità con il reato, e che, d’altro lato, l’imputato viene espropriato di un bene solo in quanto autore del delitto.

Pertanto, per la legittima applicazione della confisca per equivalente del prezzo o del profitto del reato non potrà prescindersi da un formale e sostanziale giudicato di condanna.

Sulla scorta dell’enunciazione del terzo requisito appena richiamato, la pronuncia in commento fornisce un ultimo rilevante chiarimento, relativo alle modalità da osservare in caso di confisca di somme di denaro corrispondenti al vantaggio economico illecito e depositate sul conto corrente.

Al riguardo, le Sezioni Unite qualificano tale tipologia di espropriazione come confisca in forma diretta e non, invece, per equivalente, legittimandone l’applicazione anche in caso di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato.

Invero, si osserva come – data la sua natura fungibile –  il denaro che confluisce in un conto corrente si confonde, perdendo qualsiasi connotato di autonomia, con le altre disponibilità economiche, di tal ché, qualora si accerti in giudizio che il vantaggio desunto dal reato coincida con un bene fungibile, il Giudice potrà disporre la confisca di somme di denaro presenti sul conto corrente dell’imputato, non occorrendo dimostrare la loro immediata derivazione da delitto.

Per concludere, con la sentenza appena esaminata, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione pongono precisi limiti applicativi alla misura di sicurezza patrimoniale della confisca, superando – tra l’altro – una delle tendenze giurisprudenziali degli ultimi anni più discusse tra gli interpreti, che legittimava – in caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione – il provvedimento ablativo sulla base di un mero accertamento incidentale di responsabilità dell’imputato, non ritenendosi necessaria una formale e sostanziale sentenza di condanna, pronunciata all’esito di un giudizio pieno iure, seppure non passata in giudicato.