“I territori, i paesaggi e la cultura del vino”. Tre report di Antonella Anselmo per Gazzetta Ambiente.

pubblicazioniAntonella Anselmo, avvocato romano e stabile condirettore di Gazzetta Ambiente, sembra ritrovare, nei tre report, che si pubblicano in questa sezione, la sua vocazione di attenta studiosa del paesaggio e dei beni culturali, che ha caratterizzato fino ad oggi la sua produzione scientifica. Lo fa, in modo del tutto originale, da studiosa del vino e dei processi enologici. L’occasione, infatti, sono tre viaggi di studio, svolti nell’ambito del Bibenda Executive Master organizzato dall’Associazione Italiana Sommelier, presso le migliori aziende nazionali di produzione del vino: la visita agli impianti, la degustazione e gli scambi di opinioni. Ma gli interventi, in particolare quelli di Antonella Anselmo, assumono, il più delle volte, un diverso sapore; gli approcci, anche quelli conviviali, colgono nel vino il diverso gusto di un’analisi di alta tradizione scientifica, che fa pensare con immediatezza ai saggi di Emilio Sereni sulla Storia del paesaggio agrario italiano (Bari, Laterza, 1961): le produzioni vinicole diventano tradizioni, studio della forma del territorio, ricerca del genius loci, strumenti di salvaguardia, tutela e valorizzazione del paesaggio e della cultura che esso esprime. 

La coltivazione della vite, la ricerca e lo studio dei terreni adatti alle migliori qualità del vino, i modi di impianto e di cura dei filari creano un contesto paesaggistico e culturale in grado di dar vita ad uno sviluppo economico che trae linfa vitale proprio dalle caratteristiche tradizionali dei luoghi: la cura e la tutela del paesaggio e dei beni culturali prendono le mosse fondamentalmente da quello che c’è, dai beni e dalle buone pratiche tramandate da chi, da tempo immemorabile, si è insediato ed ha lavorato su quel territorio. La competitività ed il successo delle grandi case di vinificazione si sposano con un uso attento e ricercato delle caratteristiche e delle tradizioni della terra che fa crescere l’uva…
In realtà questo rapporto di interscambio essenziale tra attività umane e caratteri (anche “dinamici”) del territorio sembra il fondamento ermeneutico più convincente dell’articolo 9 della Costituzione, posto sorprendentemente tra i principi fondamentali della Repubblica: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. L’idea di fare di questa norma uno dei pilastri della nascente democrazia italiana nel Dopoguerra trova la sua ragion d’essere nel rispetto che un ordinamento giuridico civile deve a tutto ciò che ci viene tramandato dal passato, a quel che c’è in ciascun luogo e che lo fa riconoscere come tale. Le modifiche del territorio, il progresso, le innovazioni sono possibili e legittime, ma devono prendere le mosse ed assecondare le vocazioni tradizionali dei luoghi, coglierne, proprio nell’intento di farvi attecchire produttivamente il nuovo che avanza, gli accumuli di vita, di attività e di esperienze che quel sito hanno formato, in altre parole “rispettarne il dna”. Tutto ciò crea lavoro, valorizza i beni comuni, diviene crescita economica e qualità della vita. È il principio antagonista del “mordi e fuggi” che sembra connotare alcune manifestazioni del Capitalismo, soprattutto finanziario; stabilità, tempo e continuità nel lavoro e nelle attività produttive, con un legame sempre più saldo tra il passato e il futuro. 

Sono proprio questi i temi essenziali toccati dalle lezioni di Antonella Anselmo sui vini nobili italiani: il vino “mordace” – antesignano delle bollicine dello Champagne francese – nelle colline moreniche di Franciacorta; il Chianti Classico della Conca d’oro e la sua complessa storia, intrecciata con la rivalità tra Siena e Firenze; la “pietra madre” che fa crescere le viti del Sassicaia a Bolgheri, paese d’infanzia di Giosuè Carducci. Tre grandi vini, tre territori e le genti che abitano e lavorano in quei luoghi, ognuno con i propri caratteri, le proprie difficoltà e successi e la propria cultura. La salvaguardia e tutela del paesaggio e dei beni culturali, tanto enfatizzata dai giuristi e dalle sentenze della Corte costituzionale, si intrecciano così, in questa esperienza di produzione del vino descritta nei tre saggi, con lo sviluppo e la crescita dei territori e con le speranze di sopravvivenza di un Paese messo in grado di resistere, solo in questo modo, alle ventate della globalizzazione”.

L’estratto da Gazzetta Ambiente