In memoria di Carla Barbati

Conoscemmo Carla esattamente quattordici anni fa, nel 2009; all’epoca, stavamo organizzando presso l’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo un convegno sui beni culturali, presieduto dal prof. Marco Cammelli. Fu proprio lui a suggerire coinvolgessimo una sua allieva, giovane ma già di grandissima autorevolezza accademica. Questa sua allieva era, appunto, Carla.

La simpatia reciproca fu immediata, istintiva. Carla era una donna trascinante, sia quando – e accadeva spesso – era pronta a scherzare, sempre con una grandissima dote di ironia emiliana, sia quando saliva in cattedra, e coinvolgeva l’uditorio con la sua oratoria sempre precisa, coinvolgente, ed al tempo stesso piena di spunti. Quando lei parlò, allo Auditorium Umberto Agnelli dell’Istituto, tutti, italiani e giapponesi, la seguirono rapiti.

Sarebbe inutile richiamare qui i tanti meriti di Carla in campo professionale e accademico. Per questo, basterebbe leggere il suo curriculum. Vogliamo solo abbandonarci ai tanti bei ricordi della Carla donna: di quella serata al bar dell’Hotel Miyako di Kyoto, quando ridemmo sino alle lacrime mentre lei prendeva autoironicamente in giro le idiosincrasie dei giuristi; di quella cena a Modena, nella sua casa, a mangiare i cappelletti che lei aveva preparato a mano tutto il pomeriggio; delle passeggiate nel centro di Roma, quando veniva sempre più spesso avendo assunto la Vicepresidenza prima, e la Presidenza poi, nel CUN; delle telefonate che ci scambiavamo, anche solo per farci gli auguri, anche solo per mantenere un contatto continuo che, per noi, è stato sempre stimolante.

Addio, Carla. Alla comunità scientifica, alle istituzioni, a tutti noi che abbiamo avuto il privilegio di conoscerti, hai lasciato un indelebile tesoro di stimoli e ricordi. Che la terra ti sia lieve.

Antonella Anselmo e Giuliano Lemme