Il clamore seguito all’entrata in vigore, lo scorso gennaio, della BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), che contiene il meccanismo di bail-in per la risoluzione delle crisi bancarie, è uno dei tanti esempi di cattiva informazione (o, sarebbe meglio dire, di informazione condizionata dall’emozionalità) sui temi economici.

Si tratta, in sostanza, di un meccanismo in base al quale gli effetti della crisi di un intermediario creditizio vengono sostenuti da una serie di soggetti, in via graduale: anzitutto dagli azionisti dell’intermediario, poi via via sugli investitori in capitale non di rischio, ma comunque non garantito (in primo luogo gli obbligazionisti). Questo al fine di prevenire la necessità di ricapitalizzazione pubblica della banca.

Sin qui, a ben vedere, si applica semplicemente alle banche un principio che vale per qualsiasi società. Non solo: nel caso delle banche, viene salvaguardata una particolare categoria di creditori, ossia i depositanti, garantiti sino alla somma di 100.000 €. Tale garanzia, che non esiste per le società ordinarie, consente di rafforzare la fiducia nel sistema bancario, necessaria “cerniera” nella circolazione monetaria e nell’allocazione del denaro.

Perchè, allora, molti hanno criticato, in toni talvolta aspri, le nuove norme? Il motivo è semplicemente che molto spesso gli obbligazionisti delle banche sono “investitori” solo di nome, trattandosi di risparmiatori indotti a sottoscrivere questa forma, più rischiosa, di raccolta del risparmio, sulla base di informazioni magari lacunose o fuorvianti fornite dagli  intermediari. Questi soggetti, dunque, rimangono privi di tutela, senza che ci sia una differenza sostanziale tra la loro propensione al rischio e quella dei comuni depositanti.

Non è dunque da demonizzare l’apparato normativo in se, ma comportamenti – da valutarsi caso per caso – degli operatori bancari. A fronte di abusi e di evidente malafede, l’ordinamento fa salvi gli strumenti comuni, anche penali, di reazione del risparmiatore travolto dalla crisi bancaria. Ma sarebbe errato e fuorviante affermare, come qualcuno ha fatto, che sia la norma europea, di per se, ad essere una possibile causa di criticità.